Il vero riposo arriva di sera, dopo una giornata spossante, ricca di accadimenti quando poggi la testa sul cuscino.
Spegni la luce ma anche la tv perché sei sull’orlo di crollare tra le braccia di Morpheo, e rimani in attesa di attraversare il varco dei sogni per riposare davvero.
A volte succede di addormentarsi ma altre, inspiegabilmente, diventano il massacro dei pensieri.
Percorri un viaggio tutto tuo che appartiene in percentuale del 30% alla tua persona ma il resto riguarda affetti, amicizie, anche conoscenti. Vuoi camminare sul filo del rasoio e prenderti, con fare indagatorio, la presa in carico di problemi per trovare una soluzione. Perché?
Provo a descriverlo per come lo recepisco: cammino sin da piccola con un pacco tra le mani contenente sensi di colpa, premure, sensibilità, senso di giustizia, correttezza e una propensione naturale nel risolvere i problemi.
Parto dall’ultima voce. Si, sono nata responsabile, autonoma e protettiva verso chiunque, poi mi sono schiantata spesso verso muri di cemento e piano piano, volendo fortemente trarne esperienza e sfruttarla, sono diventata sempre più ferrata nel problem solving.
Un atteggiamento da guerriera anzi da capo esercito che si è sempre più evoluto e sono grata proprio alle difficoltà per questo. A ciò si aggiunge una sensibilità straordinaria che provoca sensi di colpa laddove non provi ad aiutare chiunque.
Ed è così che la testa sul cuscino diventa un fardello sulle tempie, pensieri convulsi, mi giro, mi rigiro, poi annoto su carta qualche soluzione, poi scende qualche lacrima inconsciamente, e poi passo da una vita all’altra di persone che stanno vivendo ansie e preoccupazioni, trasferendole dentro di me. Se il mio cuscino parlasse quante vicende avrebbe da raccontare ma soprattutto quanto peso sostiene da questa testa che elabora e approfitta della notte arrovellandosi per ore.
Beh anche questa lettera la sto scrivendo di notte, con lucidità e consapevolezza mentre provo ad immaginare ogni cervello come satellite su questa terra che ha tante cose riservate, elaborate, risolte e non risolte e sono convinta che la frase più ingiusta che si possa dire a una persona, sia “ ti conosco bene” perché è la presunzione più grande nonché menzogna verso se stessi.
Siamo un libro di esperienze personali oltre che interpersonali, che vivono ogni minuto, ora, giorno e anni a racchiudere informazioni riservate che porteremo per sempre nell’animo. Mi pesa questo accadimento saltuario che succede di notte? No….perchè sono questo e perché se non provo almeno ad aiutare avrò vissuto di alibi, avrò vissuto di egoismo, avrò vissuto a metà! Stefania